Lo stambecco (Capra ibex) è il re incontrastato delle rupi alpine. Oltre alle dimensioni imponenti, è riconoscibile grazie alle grandi corna arcuate e alla sua agilità nel muoversi tra dirupi inaccessibili e pareti scoscese.
Adattamenti alla vita d’alta quota
Una delle caratteristiche più affascinanti dello stambecco è la capacità che ha avuto di adattarsi ad ambienti di alta quota, impervi, rigidi e poveri di fonti di alimentazione. Possiede un cuore di grandi dimensioni ed un sangue con un’altissima concentrazione di globuli rossi che insieme consentono un’ottima ossigenazione dei tessuti e la possibilità di effettuare sforzi improvvisi e notevoli nonostante l’effetto dell’altitudine. Per sopravvivere all’inverno sono in grado di variare ampiamente la propria dieta e di digerire componenti alimentari estremamente ricche di fibre e cellulosa, nonché di accumulare riserve di grasso e glicogeno all’interno del loro fegato. I loro muscoli sono molto sviluppati, specialmente negli arti anteriori, e gli zoccoli hanno una conformazione particolare, dal bordo affilato e dalla parte interna estremamente morbida che permette loro di destreggiarsi sulle pareti rocciose, mostrandoci straordinarie doti di arrampicata in aderenza. Nemmeno le fredde temperature lo spaventano, in autunno adegua il proprio mantello infoltendolo di una peluria bassa, fitta e lanosa, che funge da ottimo isolante termico.
Estinzione scampata
Non tutti sanno che questo maestoso animale era quasi scomparso dall’arco alpino a inizio ‘900 a causa della caccia intensiva, per il trofeo, la carne e per alcune parti a cui si attribuivano particolari proprietà terapeutiche. Rimase solo un centinaio di esemplari limitati al territorio di caccia dei reali di casa Savoia, dove il sovrano attuò ai tempiuna politica di protezione che salvò gli stambecchi e gettò le basi per la creazione della più antica area protetta italiana, il Parco del Gran Paradiso. Nel 1987, la Regione Lombardia avviò il Progetto “Stambecco Lombardia” volto alla reintroduzione di questo ungulato; due anni dopo 87 animali furono liberati nelle Alpi Orobie. A partire dalla fine degli anni ‘90 furono svolti diversi censimenti per valutare l’andamento della popolazione.’ultimo è stato effettuato dal Parco delle Orobie Valtellinesi in collaborazione con il Parco delle Orobie Bergamasche e l’Istituto Oikos Onlus nel 2024 dando risultati incoraggianti.
Una grande questione riguardante la genetica sorge però a questo punto: tutti gli stambecchi che oggi popolano le Alpi derivano da quei pochissimi individui rimasti sul Gran Paradiso. Con una variabilità genetica ridotta ai minimi termini il potenziale adattativo diventa limitato e l'esposizione alle epidemie aumenta, con il rischio di estinzioni locali. Per comprendere la questione, l'attenzione è ora rivolta a progetti e indagini specifiche, finalizzati a studiare e monitorare le problematiche genetiche della popolazione di stambecchi. Tali ricerche sono essenziali per comprendere meglio la diversità genetica e il potenziale adattivo della specie, nonché per sviluppare strategie di conservazione più efficaci.
Bibliografia:
- TOSI, Guido. Lo stambecco in Lombardia e sull'arco alpino. Oikos, 2012.