Il fattore che più di altri influenza la distribuzione della vegetazione su una catena montuosa come quella delle Orobie è sicuramente l'altitudine, il cui variare determina drastici cambiamenti delle condizioni climatiche.

Se dalla cima del Pizzo Coca, la più alta della catena, immaginiamo di planare, come un'aquila in volo lungo i versanti fino alla piana dell'Adda, incontreremmo una serie di ambienti diversi caratterizzati ciascuno da un tipo particolare di vegetazione.

Il punto da cui spiccheremmo il volo è costituito da rocce compatte quasi prive di vegetazione. Solo poche specie di piante superiori possono infatti vivere sulle Alpi a queste quote e in tali situazioni, mentre altri vegetali quali i licheni possono andare ben oltre i 3000 metri. Sulle rocce silicee, come lo sono la maggior parte di quelle del parco, vive un lichene crostoso di colore giallo il Rhyzocarpon geographicum. Dove si accumula un po' di terreno, come ad esempio nelle fessure, crescono invece alcune piante a cuscinetto come le Androsace (A. vandelli, A. brevis).

Appena al di sotto delle creste si trovano i ghiaioni e le morene, entrambi costituiti da detriti derivanti dallo sgretolamento della roccia, che nei primi si accumulano per gravità, mentre nelle seconde vi sono stati trasportati dall'azione dei ghiacciai. Solo alcune piante riescono a crescere su questi substrati instabili grazie a particolari adattamenti; tra le più comuni troviamo Androsace alpina, Linaria alpina, Corydalis lutea e la felce Cryptogramma crispa. In questi ambienti vegeta anche Viola comollia, splendido endemismo la cui distribuzione è circoscritta alle valli centro-orientali del Parco.

Nelle conche e nei tratti pianeggianti, dove si accumula più neve, il ciclo vegetativo si riduce a pochi mesi estivi. In questi ambienti, definiti "vallette nivali", si istaura una comunità vegetale molto simile a quella della tundra artica. Oltre a varie specie di muschi troviamo estesi tappeti di salice erbaceo (Salix erbacea), un albero in miniatura che però nasconde sottoterra lunghi fusti quale adattamento a condizioni climatiche estreme. Intercalate al salice si possono osservare alcune fioriture come quella dell'esile Soldanella pusilla o della discreta Arenaria biflora.

Questi ambienti, caratterizzati da condizioni climatiche estreme, sono abitati solo da specie animali che hanno saputo sviluppare particolari strategie di sopravvivenza.

La pernice bianca (Lagopus mutus) è forse l'esempio più eclatante, grazie alle sue doti di vero trasformista è infatti in grado di mutare il colore del piumaggio con le stagioni fino a diventare, in inverno, un tutt'uno con il manto nevoso. Non solo, in questa stagione, riesce a trarre la poca energia di cui necessita becchettando i pochi ramoscelli che fuoriescono dalla coltre di neve.

Anche lo stambecco (Capra ibex) sopravvive ai rigori invernali senza abbassarsi di quota, grazie al grasso accumulato durante l'estate, ma anche scegliendo come stazioni di svernamento versanti ripidi e ben esposti dove la neve non riesce ad accumularsi. Tra i Passeriformi adattati agli ambienti rupestri troviamo il fringuello alpino (Montifringilla nivalis), che rimane in quota anche in inverno, il sordone (Prunella collaris) e il picchio muraiolo (Tichodroma muraria); tutti e tre possono diventare preda del gheppio (Falco tinnunculus), piccolo falco che nidifica in anfratti tra le rocce. Le stesse rocce ospitano anche i nidi di gracchi (Pyrrhocorax graculus) e corvi imperiali (Corvus corax), mentre l'aquila reale (Aquila chrysaetos) frequenta questi ambienti solo durante la caccia preferendo per nidificare le pareti rocciose poste sotto il limite del bosco.